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al testo di Anna Giordano
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Cancello aperto, un mare di fiori, croci nella terra conficcate presenziano le tombe al camposanto. Vado avanti in questo luogo a me nuovo pur se antico e ripetuto, anche se qui non ho cari da visitare, mi soffermo a pregare e fare compagnia a chi è stato dimenticato. La sua tomba così antica, tanto da non leggere che un nome sepolto dai licheni, scavato nella pietra che il tempo eroso ha. Al posto dei fiori, un mucchio avaro di foglie secche, raccolte in un angolo, dall’unica carezza, che il vento ha lui portato in questa rimembranza, insieme a una preghiera e un fiore, da me deposto sul ciglio del suo riposo. Più avanti, cappelle familiari, lapide di marmo levigate, colonne ornamentali a testimone di una ricchezza inutile. Poco più in là, un'altra lapide, spiega alla gente che di li passa, ch'egli fu un grande magistrato innanzi tutto, come se all'altro mondo servisse a qualcosa! Che stupidità la boria umana, che non si arresta neppure all’evidenza della morte. Più avanti ancora, un cumulo di pietre ed una croce in legno, per indicare un gruppo di caduti in guerra; lì non vi sono lapide di marmo levigate, con scritte in oro, vi sono solo umili nomi, che diedero per la libertà il contributo più prezioso, la vita loro in cambio della morte. Vige il silenzio su questa piccola collina e in fra le mura antiche del cimitero è pace, ma dell’arroganza umana parlano i segni evidenti di tombe che sottolineano la differenza inutile, anche dopo la morte. |
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